L’acqua

FOCUS SULL’ACQUA

L’azione europea nel campo dell’acqua si concentra sulla protezione (politica ambientale) e sulla gestione delle risorse idriche (mercato interno).

Il testo legislativo principale che detta gli orientamenti per i prossimi decenni nella politica dell’acqua in Europa è la Direttiva 2000/601 che istituisce un quadro per l’azione comunitaria in materia di acque (che include le acque interne superficiali, sotterranee, di transizione e costiere). Il suo obiettivo ultimo è raggiungere un «buono stato» ecologico e chimico di tutte le acque comunitarie entro il 2015. Obiettivo non raggiunto ovviamente.

La stessa direttiva promuove l’uso di prezzi e la tassazione come incentivo per i consumatori nell’usare le risorse idriche in maniera più sostenibile e per recuperare i costi dei servizi idrici (compresi i costi per l’ambiente e le risorse) per tutti i settori dell’economia.

  • Il problema della liberalizzazione del servizio idrico pubblico in Europa

Le Commissioni Barroso I e II hanno decisamente spinto verso la liberalizzazione del servizio idrico (pubblico) in Europa.

Con la Direttiva 2006/123/CE relativa ai servizi nel mercato europeo comune (la cosiddetta Direttiva Bolkestein) recepita dall’Italia nel 2010, ha iniziato a spingere per la prima volta verso la privatizzazione del servizio idrico pubblico2.

L’Italia (al contrario di altri paesi europei come i Paesi Bassi, il Belgio, l’Austria e la Svezia) considera l’acqua un servizio di carattere economico e non un servizio di interesse generale. Questo nonostante nel referendum del 12-13 giugno 2011 oltre il 95 % della popolazione votò per mettere un freno alla privatizzazione dei servizi idrici ed eliminare il profitto dalla loro gestione. In Italia i Comuni, ai quali spetta di assicurare i servizi idrici pubblici, possono decidere l’affidamento a soggetti privati o pubblico-privati dei servizi idrici (si parla di una facoltà e non un obbligo).

La privatizzazione è pericolosa perché potrebbe minare pericolosamente l’accesso all’acqua che è e dev’essere considerato dall’UE un bene pubblico da salvaguardare ed un diritto di ogni essere umano (come riconosciuto dalla delibera 64/292 del 28 luglio 2010 dell’Assemblea Generale delle Nazioni Unite) e non una merce aperta alla concorrenza. Infatti, la privatizzazione potrebbe portare un aumento dei prezzi dei servizi idrici e potrebbe dunque condurre alla cosiddetta water poverty, cioè ad una situazione in cui la gente non ha la possibilità di permettersi di avere accesso all’acqua per i suoi bisogni primari quotidiani.

Scandaloso è poi il fatto che la Commissione europea, la quale non è mai riuscita a presentare una proposta legislativa chiaramente in favore della privatizzazione dell’acqua (a causa delle forti proteste da parte delle utility, dei sindacati, dei consumatori, degli ambientalisti e di alcuni stati membri e alcuni eurodeputati), approfitti della crisi del debito sovrano di certi paesi europei per cercare, attraverso i piani di salvataggio imposti alla Grecia o al Portogallo, di fare ciò che non è stato in grado di raggiungere fino ad ora con altri mezzi. Questa tra l’altro è una violazione dell’art. 345 del TFUE e dell’Art.17 della direttiva 2006/123/CE relativa al mercato interno, visto che l’UE dovrebbe essere neutrale rispetto a infrastrutture pubbliche o private come la gestione servizi idrici.

La società civile e gruppi per i diritti umani in Europa sono riusciti, attraverso il nuovo strumento dell’Iniziativa dei cittadini europei3, a proporre alla Commissione una normativa che sancisca il diritto umano universale all’acqua potabile e ai servizi igienico-sanitari, come riconosciuto dalle Nazioni Unite, e promuova l’erogazione di servizi idrici e igienico-sanitari in quanto servizi pubblici fondamentali per tutti.4

Secondo questa iniziativa, la legislazione dell’Unione europea deve imporre ai governi di garantire e fornire a tutti i cittadini, in misura sufficiente, acqua potabile e servizi igienico-sanitari. I promotori chiedono, nello specifico, che:

  1. le istituzioni dell’Unione europea e gli Stati membri siano tenuti ad assicurare a tutti i cittadini il diritto all’acqua potabile e ai servizi igienico-sanitari5;

  2. l’approvvigionamento in acqua potabile e la gestione delle risorse idriche non siano soggetti alle “logiche del mercato unico” e che i servizi idrici siano esclusi da qualsiasi forma di liberalizzazione;

  3. l’UE intensifichi il proprio impegno per garantire un accesso universale all’acqua potabile e ai servizi igienico-sanitari.

La Commissione europea, che non è tuttavia obbligata a dare seguito alla normativa proposta dall’Iniziativa dei cittadini europei, ha risposto il 19 Marzo 2014 6 che essa riconosce l’importanza dell’acqua come bene pubblico e che l’acqua non è un prodotto commerciale. La Commissione, inoltre, si impegna ad incoraggiare gli Stati Membri ad adempiere alle loro obbligazioni al fine di realizzare il diritto umano universale all’acqua potabile e ai servizi igienico-sanitari. Nonostante questi riconoscimenti e questo impegno non si traduca in un cambio di policy, è comunque un cambio di linguaggio da parte della Commissione. L’Iniziativa dei cittadini ha anche spinto la Commissione ad escludere i servizi idrici dalla proposta di direttiva sulla concessioni.7 Tuttavia, il rischio che la Commissione includa i servizi idrici nelle attuali negoziazioni commerciali del Transatlantic Trade and Investment Partnership (TTIP) è concreto. Il rischio è di dare in mano a multinazionali la gestione dell’acqua.

Il Parlamento europeo, da parte sua, sembra supportare l’idea che l’acqua non debba essere assoggettata alle regole del mercato interno e dunque trattata come una merce.

Il Parlamento ha infatti riconosciuto nella risoluzione del 3 luglio 2012 che “l’acqua è una risorsa comune dell’umanità e un bene pubblico e che l’accesso all’acqua dovrebbe costituire un diritto fondamentale e universale.” Inoltre esso “sottolinea che un uso sostenibile dell’acqua rappresenta una necessità per l’ambiente e per la salute che riveste un ruolo essenziale nel ciclo di regolazione del clima; ribadisce la necessità di adattare le norme del mercato interno alle caratteristiche distintive del settore ..(omissis)”.8

Le privatizzazioni solo davvero utili?

Numerosi casi dimostrano che collaborazioni pubblico-privato non portano ad un miglioramento della qualità ma semplicemente aumentano il costo per il settore pubblico, riducono il capitale pubblico e causano effetti devastanti per l’ecosistema acquatico (le società private mirano al profitto sul breve-medio periodo e tendono a sfruttare il più possibile fonti idriche come ad esempio è successo con Acciona nel fiume Ter in Spagna, dove a pagare i costi ambientali è stata la comunità).

La privatizzazione, dunque, metterebbe in pericolo la qualità delle acque e i profitti non sarebbero più reinvestiti nel sistema di approvvigionamento idrico, ma andrebbero agli azionisti delle multinazionali dell’acqua.

Il Rapporto9 che Unison (il sindacato di servizio pubblico del Regno Unito) ha commissionato al New Policy Institute dimostra l’esito negativo della privatizzazione dei servizi idrici nel Regno Unito, il paese che per primo ha liberalizzato questo tipo di servizi nel lontano 1989. Il risultato attuale è che il mito che la privatizzazione dei servizi idrici porta più efficienza ed efficacia non è vero. Prima di tutto, le esigenze dei clienti non sono stati il motore del cambiamento. Il settore idrico qui risulta essere molto redditizio (molto più di quanto sia il settore energetico, che attira in genere molto più scalpore) ma l’industria paga poche tasse. Nonostante gli aumenti reali costanti e duraturi nelle bollette dei clienti, al momento l’industria dei servizi idrici non è in grado di finanziare investimenti su larga scala senza il sostegno del governo.

Uno studio del 2010 dell’Università di Barcellona giunge alla conclusione che la privatizzazione dei servizi della distribuzione dell’acqua e la raccolta dei rifiuti solidi non ha portato costi più bassi.10 Secondo il magazine Tedesco “Monitor” la privatizzazione delle fornitura di acqua del comune di Paços de Ferreira in Portogallo è aumentata più del 400% in pochi anni.

Anche per quanto riguarda il miglioramento delle infrastrutture, il privato sembra non avere portato miglioramenti. In Francia, I dati pubblicati da Le Journal du Dimanche (JdD) dal 2009 mostrano che all’interno della fornitura privata di acqua una media del 25% di acqua è persa a seguito di perdite, mentre nelle infrastrutture pubbliche la percentuale è dal 3 al 12%. 11

2 Il servizio idrico pubblico comprende un insieme di servizi quali la captazione, l’adduzione e la distribuzione di acqua ad usi civili, nonché il servizio di fognatura e di depurazione delle acque reflue.

3 Il diritto di iniziativa dei cittadini europei è un nuovo strumento di democrazia partecipativa in vigore nell’Unione europea dal 1° aprile 2012. Attraverso l’ICE, i cittadini hanno la possibilità di porre una questione all’ordine del giorno dell’Europa raccogliendo un milione di firme in almeno sette diversi Stati membri dell’Unione europea.

5 Ci sono ancora circa 2 milioni di persone in Europa che non dispongono di acqua adeguata o servizi igienico-sanitari.

7 La Commissione europea aveva tuttavia riprovato a spingere la liberalizzazione dei servizi idrici con la Direttiva relativa all’aggiudicazione dei contratti di concessione approvata poi nel Gennaio 2014. Secondo la Commissione, il fine era di favorire la concorrenza nei servizi idrici a favore dei consumatori. La Direttiva in sé non avrebbe imposto una liberalizzazione forzata dei servizi idrici, ma avrebbe posto dei paletti piuttosto alti ai comuni che garantivano l’acqua senza bando di gara. Quindi essa non avrebbe obbligato ma favorito la privatizzazione. La direttiva prevede che se un’impresa pubblica non genera l’80% del suo fatturato tramite la fornitura dei servizi idrici in quel comune, allora l’amministrazione locale deve pubblicare un bando per la concessione, così permettendo anche alle imprese private di presentare un’offerta per quel tipo di incarico. In effetti, la nuova direttiva non avrebbe richiesto alle città o alle comunità di privatizzare. Tuttavia, le comunità contrarie all’idea di privatizzazione avrebbero dovuto trovare delle finezze legali visto che Bruxelles avrebbe reso complicata la faccenda del bene pubblico in mano pubblica.

Leciti dubbi sono sorti sulla relazione tra il “responsabile politico” della Direttiva in questione e grandi società multinazionali dell’acqua. Infatti il Commissario al Mercato Interno è Barnier, francese come le più grandi compagnie al mondo attive nel settore dei servizi idrici, cioè Veolia Water e Suez Environment. In Francia, né il servizio postale né ferroviario sono privatizzati, ma in campo economico della tecnica dell’acqua e il funzionamento, la società francese Veolia è uno dei protagonisti mondiali – nella ricerca di nuovi mercati (il mercato europeo dell’acqua secondo esperti vale centinaia di miliardi di euro). Degno di nota è stato inoltre il processo di sviluppo della stessa direttiva. Il comitato di esperti che ha redatto la linee della direttiva, lo Steering Group del partenariato europeo per l’innovazione nell’acqua, era costituito prevalentemente da rappresentanti delle industrie dell’acqua e dei servizi connessi.

9 The Water Industry: a case to answer, Report by the New Policy Institute, authors: A. Tinson and P. Kenway, 2013 http://www.epsu.org/IMG/pdf/13-04-24_NPI_water_industry_report.pdf

10 Germà Bel & Xavier Fageda & Mildred E. Warner, 2010. “Is private production of public services cheaper than public production? A meta-regression analysis of solid waste and water services,” Journal of Policy Analysis and Management, John Wiley & Sons, Ltd., vol. 29(3), pages 553-577. Available: http://www.ub.edu/graap/JPAM_BFW.pdf (7.02.2013)