Spesso le notizie dei giornali sono date in modo parziale  fuorviante, come a voler presentare un andamento positivo quando di positivo non c’è proprio nulla.  Questo si nota principalmente durante le campagne elettorali quando la stampa o dei giornalisti ben “preparati” tendono a sostenere in modo elegante e sottile le compagini di governo e chi è a loro più vicino politicamente con articoli simili a quello che vedete qui di seguito. E’ una prassi consolidata e solo una attenta indagine riesce a farne venire gli aspetti più interessanti per noi.

Oggi articolo dell’ANSA; Titolo strombazzante, i disoccupati calano enormemente.  Ma se da un lato calano i disoccupati, … crescono gli inattivi… cosa vuol dire?  Vuol dire che il numero è uguale ma fra coloro che cercavano lavoro ve ne sono di meno, solo che aumentano coloro che nemmeno lo cercano più.. denominati in modo improprio  “inattivi” non neet o coloro che non cercano più lavoro perché hanno perso ogni speranza di trovarlo, Su questi ” inattivi” vi sono molte ricerche; o sono molto giovani, i giovani che lasciano la scuola, oppure hanno superato i 50 anni, ovvero coloro che, per logiche di mercato del lavoro, non riescono più a reinserisi nello stesso.  Ma questo articolo stromabzzante non tiene conto di alcuni dati devastanti nel nostro paese. Il numero esorbitante di poveri  formato da chi lavora ed è povero, circa il 28% dei lavoratori e chi è povero del tutto. Quindi proseguiamo

Qui articolo dell’ansa 

Guardate la differenza.  Ansa meno di 2 milioni di disoccupati mentre 5.6 milioni di poveri assoluti. Com’è possibile? Lavorano tutti e sono poveri? Leggete oltre.. per capire

Sono dati davvero enormi, che non emergono nei quotidiani.  Ora vediamo altri dati, i lavoratori poveri nel nostro paese

https://www.ilfattovesuviano.it/2022/08/lavorano-ma-sono-poveri-in-italia-i-working-poor-sono-l117/

Ora abbiamo oltre il 60% dei cittadini adulti in difficoltà nel paese.  Dei 60 milioni e 279 mila residenti, coloro che lavorano sono 23 milioni e 400mila, ovvero solo il 38,8%, , i disoccupati – cioè coloro che sarebbero in età da lavoro e vorrebbero un’occupazione, ma non la trovano – rappresentano solo il 4,1%, stiamo parlando, cioè, di 2 milioni e 452 mila persone. Gli inattivi in Italia, invece, sono molti di più: nel complesso sono ben 34 milioni e 427mila, ma all’interno di questa cifra è necessario effettuare delle distinzioni.  Infatti, il 35,1% del totale della popolazione italiana (una cifra pari a 21 milioni e 181mila persone) è costituito da individui con meno di 15 o più di 64 anni: quasi sicuramente si tratta di studenti e pensionati. Ma vi sono anche 13 milioni e 246mila persone, il 22%, che sono in età lavorativa e non hanno un lavoro né cercano di occuparsi. Si tratta di un numero record in Europa.

E poi ci sono coloro che, sostanzialmente, non cercano lavoro perché non ne hanno l’intenzione: sono ben 6 milioni e 468 mila. Tra questi, sono un milione e 358mila, l’11,7%, gli inattivi “per scoraggiamento”, ovvero coloro che sono convinti di non riuscire a trovare un posto di lavoro: non è chiaro se in passato ci abbiano provato ed abbiano poi rinunciato o se non abbiano mai avuto veramente intenzione di provare a lavorare.  Altre 712mila persone motivano la propria inattività con l’attesa di esiti di ricerche passate, per esempio i risultati di un concorso. Si tratta del 6,1% del totale, un numero molto alto – forse troppo – per una motivazione del genere.  E infine vi sono gli “altri motivi”, voce all’interno della quale troviamo un po’ di tutto: sicuramente i malati e i disabili, ma anche chi sta facendo il giro del mondo, o chi non vuole fornire una motivazione. In quest’ultimo caso, potrebbe trattarsi di persone che sono mantenute da altri oppure di lavoratori in nero. Si tratta di un milione e 475 mila persone, il 12,7% di tutti gli inattivi in Italia: un numero enorme, pari quasi al numero degli abitanti della città di Milano. 

Capite come una notizia viene fornita in modo non corretto solo per fini politici? Essere esaustivi non è mai facile.  Ma basta documentarsi un po’. L’ISTAT aiuta molto.

 

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