Moltissimi politici, ora, in campagna elettorale promettono mare e monti per la scuola ma nessuno di loro la conosce a fondo ma mi chiedo: hanno mai mantenuto una sola delle promesse fatte in precedenza? Il web non mente, suggerisco di andare a ricercare le promesse elettorali dei vari partiti e chiedersi se quelle attuali siano o no vere. Io sono un insegnante ed ho stilato un programma di impegno elettorale di cose veramente utili alla scuola per cui lotterò io per primo, se verrò eletto. Se qualcuno poi mi chiedesse dove si reperiranno le risorse per portarlo a termine risponderei: smettiamola di comprare armi, usciamo da tutte le guerre con i finti interventi di peacekeeper, disarmiamo il paese ed allora le risorse si troveranno. Vale di più la crescita dei bambini e la cultura o l’uccidere delle persone? Sì perché tutte le armi sono fatte per uccidere non per “educare”. Se sarò eletto, lotterò con tutte le mie energie per ottenere quanto descritto qui di seguito a difesa della scuola pubblica.

I 22 punti qui sotto descritti non sono esaustivi e parlano solo dei veri bisogni, che nessun politico menziona, della scuola. Buona lettura!

1. Aumento dello stipendio degli insegnanti di almeno 500 euro netti al mese, per avvicinarlo a quello dei colleghi europei. La dignità della professione più importante del paese passa anche da uno stipendio dignitoso.  Un insegnante che comincia oggi la propria carriera, dopo laurea, TFA e concorso non arriva a prendere 1300 euro al mese ed a fine carriera forse arriva a 1900 euro a 68 anni di età.

Equiparazione degli stipendi fra insegnanti dei vari cicli. Attualmente un insegnante della scuola primaria prende meno di un insegnante della scuola secondaria di secondo ciclo. Perché?

La novità del docente esperto istituita per decreto e approvata da tutti i partiti che ora lo criticano e promettono fantascienza alla scuola, ha incontrato lo sdegno degli insegnanti italiani che, al contrario di quanto immagina il ministro della pubblica istruzione Bianchi del PD, hanno una testa per pensare. Non accettano qualcosa che assomigli ad un contentino che crei solo differenze importanti e insensate tra il personale docente. Per arrivare ad essere esperto, il docente dovrà affrontare una formazione di nove anni (che per lo sviluppo di un paese e la scuola sono tempi incalcolabili vista la velocità del progresso) portata avanti da non si sa chi, né su quali argomenti. In un periodo così lungo naturalmente una fascia del personale educante è fuori dai giochi per via dell’avvicinarsi alla pensione, e si tratta degli insegnanti più esperti. Che senso avrebbe candidarsi per una formazione al cui termine c’è la fine della carriera scolastica? Chiediamoci il senso di chiamarlo esperto allora. Gli altri insegnanti quindi vengono selezionati e si godono questo premio, di 500 euro al mese fra 9 anni e solo se superano un esame? Agli altri invece cosa resta? Oppure daranno una seconda possibilità con un’altra formazione lunga nove anni? E chi non rientra nella formazione che fa? Non si aggiorna? Oppure fa dell’aggiornamento, a pagamento, e diventa meno esperto, quindi senza aumento di stipendio? Basterebbe indirizzare i fondi dedicati al capitolo “armi” dritti dritti alla scuola e garantire uno stipendio adeguato, quanto meno al costo della vita se non agli standard europei, a tutti i docenti.

2. Diminuzione del carico burocratico degli insegnanti a favore delle loro attività didattiche e metodologiche con laboratori di apprendimento

La burocrazia è un pachiderma che schiaccia ogni buona iniziativa lavorativa in ogni contesto. A scuola questo processo diventa a tratti opprimente. Il lavoro degli insegnanti prevede una massa di burocrazia impressionante di cui ci si deve occupare e che, nella maggior parte delle volte, non serve praticamente a niente. Vengono prodotti documenti strutturali della scuola (RAV, Piano di Miglioramento e PTOF) lunghi fino a 100 pagine. Utili a chi? Agli ispettori del Nucleo Esterno di Valutazione che deve controllare che sia tutto in ordine. I diretti interessati conoscono questi documenti? Sanno che esistono ma hanno impegni un po’ più importanti da gestire come l’accoglienza e la valorizzazione di ogni singolo alunno della classe a loro assegnata. Occorre snellire e ridurre il carico di richiesta di adempimenti burocratici poiché tolgono tempo ed energie a momenti molto più funzionali alla vita della scuola. Gli insegnanti hanno bisogno di tempo per confrontarsi sulla progettazione didattico-pedagogica, non possono passare ore a leggere tonnellate di circolari (con la pandemia poi il lavoro è triplicato) e impostare il loro lavoro in funzione di queste ultime. Gli istituti scolastici producono una quantità di circolari allucinante dalle 400 alle 800 all’anno! Per non parlare di tutti quegli strumenti come il libro di testo e il registro elettronico che hanno viziato i comportamenti dei docenti a favore della burocrazia indebolendo il processo di insegnamento-apprendimento.

3. Promozione di una formazione a favore di una didattica inclusiva e innovativa e riduzione del numero alunni per classe (entro e non oltre i 20)

Chi entra in aula tutte le mattine sa cosa deve affrontare. Per gli insegnanti non esiste un equivalente del giuramento di Ippocrate, ma essi agiscono come i migliori medici di questo mondo! La loro coscienza è una voce che costantemente dice: non lasciarne nemmeno uno indietro! E il docente soffre ogni volta che torna a casa perché lo Stato non gli/le ha permesso che questo principio potesse essere onorato e rispettato! Le realtà dei nostri contesti educativi sono un mondo meraviglioso fatto di bambini e ragazzi straordinari, ognuno con le sue peculiarità, esigenze e bisogni. Un insegnante, da solo/a, deve tenerne conto e condurli verso una crescita quanto più ricca possibile in termini di competenze. E come fa a portare a termine questo delicatissimo processo se deve prendersi cura di 27 bambini o ragazzi, se non di più? Può impegnare tutte le migliori strategie (classe rovesciata, lavori di gruppo, peer tutoring…) ma faticherà moltissimo e non è garantito affatto che potrà ascoltare quella voce che sente costantemente fin dal primo mattino. L’insegnante può promuovere una buona didattica se la classe è composta da 15 o 20 bambini o ragazzi massimo. E non dimentichiamo le compresenze (un miraggio nella scuola italiana). Lavorare in due, specialmente durante gli anni di passaggio (prima elementare e media) significa veramente garantire ai nostri alunni un percorso sereno, fatto di atmosfere rilassate e occasioni per interagire (ciò che serve per alimentare l’apprendimento).

4.Eliminazione delle prove standardizzate INVALSI

Perché continuare ad usare uno strumento che fotografa gli apprendimenti dei bambini e dei ragazzi, non con una osservazione continua, ma tramite un singolo test? Le prove, tra l’altro, non sono inclusive, causano ansia e non sono funzionali al percorso di apprendimento. Le prove standardizzate hanno a che vedere con un sistema selettivo e competitivo. Perché monitorare il rendimento scolastico? Tra l’altro a quale prezzo per i ragazzi e i bambini? Questi ultimi non ne capiscono nemmeno il senso. C’è chi, mesi prima delle fatidiche prove, inizia a modificare la sua didattica per allenare alunni o studenti a sostenere questo tipo di richiesta. I bambini con disabilità, spesso e volentieri escono dalla classe oppure restano ma fanno un’altra prova. Quando il test finisce, viene ritirato e non si dà nemmeno la possibilità a bambini e ragazzi di poter analizzare il loro lavoro. Non sanno come andrà a finire. Tanta agitazione per non sapere nemmeno com’è andata. Il ministero è riuscito, grazie al lavoro di persone di scuola, ad ottenere le Indicazioni Nazionali. Un documento meraviglioso che offre ai docenti delle strade (non prescrittive), gli obiettivi di apprendimento, per accompagnare i loro alunni alle competenze. E poi, l’istituzione scolastica, piega la testa alle prove INVALSI che testano i ragazzini sul rendimento in merito a tre discipline. Le nuove indicazioni didattico-pedagogiche suggeriscono di lavorare per Unità Didattiche di Apprendimento, in cui le discipline da fine ultimo diventano mezzo per arrivare a delle competenze e poi dobbiamo adottare un sistema che guarda solo a matematica, italiano e inglese. Ultimo punto, ma non meno importante, è quello che concerne la modalità di correzione delle prove. INVALSI fa ricerca attraverso le prove standardizzate e gli insegnanti le devono tabulare. Ma dove sta scritto nel nostro contratto che dobbiamo fare una cosa del genere? Altro motivo per eliminarle. Tolgono solo tempo ad attività molto più utili, a docenti e bambini e ragazzi!

5. Ridare al Collegio Docenti la possibilità di nominare il Vice Preside vicario con carica rinnovabile ogni anno.

La scuola rappresenta una delle più alte forme di democrazia ed è indispensabile che il Collegio docenti accolga la candidatura di tutte le figure che possono ricoprire un ruolo particolare all’interno della scuola stessa ed esprimere la propria preferenza attraverso il voto. Sarebbe opportuno quindi stabilire anche il numero di volte cui la stessa persona possa ricoprire lo stesso ruolo onde evitare la stessa situazione in cui versano alcuni istituti il cui vicario è sempre lo stesso da decine di anni.

6. Ridurre il carico lavorativo settimanale in classe a 12 ore dopo i 20 anni di servizio e comunque a 9 ore di lezione dopo i 60 anni di età. Vi sono parecchi paesi europei che già applicano questa modalità.

Le generazioni che si susseguono manifestano esigenze sempre più importanti da un punto di vista educativo. Un insegnante deve avere la possibilità di alleggerire il carico di lavoro con l’avanzare dell’età. Il dispendio di energie è troppo elevato per una persona che ha già lavorato almeno venti o trent’anni nella scuola. La qualità della didattica va scemando e gli insegnanti ne subiscono conseguenze a livello mentale e fisico. Questo ricade inevitabilmente sugli alunni e gli studenti che percepiscono molto bene la stanchezza del docente, la stessa che lo porta quasi ad una indifferenza nei confronti del suo lavoro fino a diventare insofferente per via di una condizione che lo obbliga ad espletare i suoi compiti nonostante le difficoltà legate ad un naturale invecchiamento fisico. Si parla poi di 41 / 42 anni di lavoro. Ma ci pensate? Per insegnare dopo laurea, TFA, concorso e precariato ci si arriva minimo a 28 anni quelli più bravi e fortunati. Se pensiamo alla riforma Fornero , o le proposte di Savini, Conte, Letta, Meloni un insegnate con 41 anni di lavoro andrebbe in pensione a 69 anni. Davvero assurdo.

7. Dare la possibilità agli insegnanti, ogni 10 anni di servizio di usufruire di un anno sabbatico retribuito utile ad un aggiornamento professionale ( nell’ambito della propria classe di concorso ) documentabile

8. Restituzione dell’anno lavorativo 2013, cancellato dal PD

9. Riscatto degli anni universitari gratuito poiché propedeutici all’insegnamento.

Chi ha portato a termine il percorso di laurea che ha permesso l’accesso a graduatorie o concorso, ha pagato le tasse universitarie e si è formato per la futura professione, perché deve pagare, tra l’altro cifre non irrisorie, per riscattare gli anni trascorsi all’università? Si tratta di un ricatto vero e proprio: ti do la possibilità di avvicinarti prima alla pensione solo se mi dai tremila euro. Non è concepibile una richiesta del genere.

10. Flessibilità di uscita dal mondo del lavoro a iniziare dai 64 anni di età senza alcun tipo di decurtazione nella pensione

11. Pagamento di tutto il TFS o TFR in unica tranche all’atto del pensionamento e non oltre i 3 mesi dallo stesso. Attualmente viene pagato agli insegnanti in due tranche una prima tranche dopo due anni ed una dopo 5 dal pensionamento. Ma sono soldi decurtati dalla busta paga degli insegnanti mensilmente, pertanto di loro proprietà. Lo Stato non può trattenerli, nega un diritto degli insegnanti.

12. Pensione degli insegnanti pari all’ultimo stipendio

13. Predisporre una piattaforma ministeriale per il registro elettronico.

Basta delegare a privati la gestione di milioni di dati sensibili su famiglie, studenti e personale della scuola. Occorre un registro solo, differenziato per gradi di scuola. Occorre avere uno strumento inclusivo con sistemi di traduzione istantanea per le famiglie non italofone con opzione di sintesi vocale per facilitare l’accoglienza di quelle persone straniere che hanno difficoltà a gestire la lingua italiana. Il registro elettronico deve avere un sistema di raccolta dati che vengono convogliati in un server del ministero e mai all’esterno. Inoltre, per sviluppare uno strumento veramente utile ai docenti è opportuno che questo venga studiato e progettato da un team misto che prevede un docente di scuola primaria, uno di scuola secondaria di primo gradi e uno di secondo grado e, in ultimo, i programmatori della nuova piattaforma ministeriale. Questi ultimi dovranno essere persone assunte presso il ministero a tutti gli effetti e dovranno assistere i docenti in caso di malfunzionamento. Sarebbe opportuno, poi, aggiornare la piattaforma e integrarla con nuove funzioni, sempre facendo lavorare in modo congiunto la parte della scuola con i programmatori.

14. Introduzione della figura dello/a psicomotricista all’interno degli asili nido, scuole dell’infanzia e alla scuola primaria (primi due anni del ciclo).

La psicomotricità deve essere promossa negli asilo nido, alla scuola dell’infanzia e alla scuola primaria almeno ai primi due anni di ciclo. Con il dilagare delle pessime abitudini delle famiglie (vittime per prime di un abuso dei dispositivi elettronici) per cui i bambini entrano in contatto con smartphone già a pochi mesi di vita, ne consegue che tutto lo sviluppo motorio viene danneggiato con delle ricadute a lungo termine alquanto drammatiche. I bambini della primaria hanno tempi di ascolto brevissimi, sono impacciati e non sanno stare insieme agli altri. La pandemia poi ha dato il colpo di grazia. La psicomotricità potenzia lo schema corporeo, dà occasione di continuo scambio relazionale, sviluppa la logica e aiuta i piccoli a gestire le emozioni. Se venissero inclusi nel sistema scolastico questi percorsi, l’infanzia ne gioverebbe tantissimo! Poi, dalla classe terza primaria, subentra la motoria, coi giochi di coordinazione, attività di resistenza, attività ludiche in squadra, uso di attrezzi e via dicendo. Ma prima occorre preparare il terreno.

15. Maggiore attenzione alla fascia d’età 0-6. Riconoscere in modo più incisivo le realtà educative che si prendono cura dei bambini più piccoli.

La fascia di età 0-3 non è considerata come target di bambini che hanno bisogno di contesti educativi, in cui sperimentare le abilità sociali, sviluppare l’area motoria e cognitiva. Gli asili nido offrono possibilità di crescita e sviluppo ai bambini e alle loro famiglie. Devono diventare dei centri di accoglienza e formazione per i genitori, non solo spazi cui poter lasciare i figli. Le ultime generazioni di genitori necessitano di una formazione pedagogica per ricoprire il loro ruolo meraviglioso. Troppo spesso delegano ai devices l’intrattenimento del figlio mentre si occupano di altro. Il tempo della relazione è cambiato moltissimo e la scuola, in particolare, il nido (ma poi anche gli altri gradi di scuola) ha il dovere di aiutare le famiglie a comprendere quali siano le attività che stimolano una crescita sana ed equilibrata. Il nido è la prima occasione che hanno i bambini di entrare a far parte di una comunità che è altra dalla loro famiglia ed è per questo che il ministero deve monitorare la formazione del personale che vi opera e incentivare tutti i percorsi possibili con il territorio e le scuole dell’infanzia. I bambini, già a due anni di età possono fare bellissime esperienze all’interno del contesto in cui vivono. Possono essere accolti in musei o nei parchi. Il nido e la scuola dell’infanzia possono viaggiare insieme e garantire uno straordinario percorso di crescita ai bambini. Possono esserci delle reti di scuole che accomunano nido e infanzia, all’interno delle quali ci sono dei tavoli di lavoro per predisporre le proposte educative miste (nido e infanzia insieme).

16. Estendere la valutazione descrittiva anche alla scuola secondaria di primo grado per rendere armonica la forma di valutazione all’interno dello stesso ciclo di istruzione.

La nuova normativa sulla valutazione (decreto legge 41/2020) prevede l’abbandono del voto numerico a favore di una valutazione descrittiva con livello di apprendimento. Fermo restando che i livelli dovrebbero essere aboliti poiché richiamano pur sempre una scala di riferimento sulla quale il bambino si pone in un atteggiamento di competizione col resto del gruppo classe e tenendo presente il fatto che la parola “giudizio” non appartiene ad un ambiente educativo, ma si addice di più ad un linguaggio tipico da tribunale, è opportuno rendere armonico il processo portando questo tipo di valutazione anche alla scuola secondaria di primo grado poiché questa fa parte del primo ciclo di istruzione. Adottare una forma di valutazione che è valida solo fino alla quinta classe primaria è un procedimento tronco e non garantisce a pieno lo sviluppo di tutta quella serie di competenze quali l’autonomia in un percorso di autoanalisi del proprio lavoro e delle modalità o strategie usate per portarlo a termine. Avere il voto numerico alla scuola secondaria di primo grado impedisce la stabilizzazione di processi avviati alla primaria.

17. Il Ministero cambia nome. Da Ministero della pubblica Istruzione, Università e Ricerca, diventerà Ministero dell’Educazione, della Ricerca e dell’Innovazione pedagogica.

Sulla parola PUBBLICA nessuno deve mai dubitare. La parola istruzione si usa nel momento in cui si forniscono indicazioni precise a qualcuno perché compia determinate azioni. I nostri alunni non sono dei robot da programmare, ma persone da educare. Dal termine latino educere, tirar fuori, si comprende il delicatissimo e meraviglioso ruolo dei docenti: tirar fuori. Tirar fuori che cosa? I talenti, i sogni, le potenzialità dei bambini e dei ragazzi. La loro bellezza, le loro doti. Ecco perché il ministero deve portare all’interno del suo nome la parola educazione e non istruzione. Inoltre, attraverso le Università e altri enti accreditati, offrirà spazi di ricerca e formazione continua per gli insegnanti in forma completamente gratuita.

18. Attivare dei canali di comunicazione tra Università, Ministero e Scuole di ogni ordine e grado. La formazione continua sarà fornita da Enti accreditati e dalle Università e dovrà essere gratuita (vedi punto precedente)

19. Rendere sistemico un accesso gratuito alla cultura per tutti. La carta docenti potrà essere utilizzata per acquisto libri, pc, tablet, stampanti, materiale di consumo e software utili alla didattica.

Occorre rendere sistemica tutta la parte dedicata alla cultura (vedi musei e concerti). Perché a Londra tutti, turisti inclusi, possono entrare gratis al British museum e noi, in Italia, possiamo entrare gratis in un museo solo con i soldi della carta docente. Qual è la differenza tra un giornalista e un insegnante. All’ingresso dei musei spesso sono specificate le categorie per cui l’ingresso è gratuito o ridotto. L’accesso alla cultura deve essere gratuita per tutti, senza creare le categorie dei privilegiati, anche se questo comporta costi non indifferenti per un paese come il nostro che è un museo a cielo aperto.

20. Eliminare gli ambiti territoriali per garantire la vicinanza alla propria casa e famiglia rispetto al luogo di lavoro. Il processo attuale non tiene minimamente conto delle esigenze di una persona, portandola a recarsi in zone molto lontane da casa.

21. Determinare un sistema di immissione in ruolo che preveda una modalità uguale per tutti. Eliminare le eccessive differenziazioni tra le persone che aspirano diventare insegnanti.

Il nostro Paese non ha una formazione organica per tutti i gradi di scuola. Inoltre se si desidera riformare i cicli, includendo il nido e la scuola dell’infanzia (che attualmente non rientrano nella scuola dell’obbligo, specie la seconda), è bene pensare ad un sistema di formazione universitaria organica che preveda percorsi che consentano ai futuri docenti di insegnare/educare nei contesti che accolgono bambini e ragazzi da 0 a 18 anni, rispettando le esigenze di crescita da un punto di vista emotivo, psicologico e cognitivo.

Si può prevedere un percorso universitario di 6 anni in cui nel primo anno vengono presentati dei contenuti trasversali e che si adattano bene ad ogni grado di scuola. Dal secondo anno in poi si può scegliere se seguire il percorso nido-infanzia-primaria o scuola secondaria. Nel primo caso, gli studenti affrontano tematiche comuni (ad esempio, psicologia dell’età evolutiva) nel secondo e terzo anno di corso. Per il successivo biennio, potranno scegliere il percorso di approfondimento nido-infanzia o primaria.

Chi sceglie il percorso della secondaria, affronterà un percorso che fornisce insegnamenti su pedagogia e didattica al secondo e terzo anno e, successivamente, termineranno il percorso con la materie di preferenza suddivise in ambiti (scientifico, letterario umanistico e linguistico).

La lingua inglese e gli insegnamenti riguardanti le disabilità, sono previsti per tutti i percorsi.

Alla fine dei cinque anni, si fa un concorso gestito dal ministero (ma non a quiz o crocette) e, chi passerà, svolgerà l’intero anno finale a svolgere attività di tirocinio, seguiti da un tutor ( insegnante curriculare con esperienza) con la costruzione di un lavoro finale (tesi).

Con una impostazione di questo tipo, tutti i docenti avranno una formazione adeguata per la fascia d’età di riferimento, avranno un’abilitazione per l’insegnamento della lingua inglese, avranno una formazione per accompagnare bambini con particolari fragilità dovute alla disabilità.

22. Per ultimo, ma non meno importante, ripristinare gli insegnanti di sostegno 1 a 1 con i bambini disabili e non 4 ore alla settimana come adesso. Non è inclusione e va contro i diritti sanciti per le persone disabili nella costituzione. A tal proposito va prevista la continuità scolastica, un insegnante di sostegno precario o meno deve poter seguire un bambino fino alla fine del ciclo di studi. Il rapporto che si instaura fra insegnante di sostegno e bambino o bambina disabile è unico ed irripetibile, ed è fonte costante di apprendimento e guida che lascia un segno importante per la loro affettività, equilibrio, sviluppo e inclusione sociale. La relazione è sempre il primo elemento di crescita.

Vi sarebbero moltissimi altri punti da aggiungere, un corso e poi concorso pubblico per ATA per passare di ruolo, e non come adesso che passano in ruolo senza concorso.

Un concorso riservato per ATA che svolgono funzioni DSGA dopo 6 anni di reggenza sul ruolo. La loro preparazione ed esperienza è molto più qualificante di qualsiasi laurea.

Sia data alla scuola pubblica la possibilità di recuperare l’IVA come alle università. Lo stato da’ alle scuole il FIS fondo di istituto e poi lo tassa? Lo Stato tassa se stesso?

Se poi volessi sognare, basta la scuola azienda, i dirigenti tornino ad essere direttori didattici, le funzioni strumentali, esperti di ambito. Le bramosie dei politici e le varie lobby religiose devono stare fuori dalla scuola. La scuola non è uno spazio di indottrinamento, ma un ambiente di crescita e sviluppo libero. Per questo è urgente inserire la pratica filosofica fin dai primi anni di scuola. La mieutica aiuta i bambini a porsi domande e a fare ricerca, elementi indispensabili per avere una mente critica che analizza la realtà e sa accettare ciò che è sano da ciò che è dannoso per l’integrità della persona.

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